Memorie del sottosuolo by Fëdor Dostoevskij

Memorie del sottosuolo by Fëdor Dostoevskij

autore:Fëdor Dostoevskij
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788862432832
editore: Voland Srl
pubblicato: 2022-04-15T00:00:00+00:00


IV

Fin dal giorno prima sapevo che sarei stato il primo a arrivare. Ma non era tanto il fatto di essere il primo. Non solo non c’era nessuno, di loro, ma ci misi perfino un po’ a trovare la stanza che ci avevano riservato. Non avevano ancora incominciato a apparecchiare. Cosa poteva significare? Dopo aver posto molte domande, ero venuto a sapere alla fine da un servo che il pranzo era stato ordinato per le sei, non per le cinque. Questo mi fu confermato al buffet. C’era da aver vergogna anche solo ad avere chiesto. Erano appena le cinque e venti. Se avevano cambiato, avrebbero comunque dovuto avvisare: c’era la posta, per questo, e non mi avrebbero sottoposto a questa “vergogna” davanti a me stesso e… ai camerieri. Mi sedetti. Un cameriere si mise ad apparecchiare. In sua presenza, avevo forse ancora più vergogna. Alle sei, a parte le lampade che c’erano già, portarono nella stanza delle candele. Il servo non aveva pensato, però, di portarle subito, appena ero arrivato. In una stanza vicina pranzavano, su due tavoli diversi, due clienti tetri, taciturni, che sembravano irritati. Da una delle stanze più lontane veniva un forte rumore; gridavano, anche; si sentiva il riso di un’intera compagnia di persone; si sentivano delle esclamazioni in francese; era un pranzo con delle signore. In breve: era disgustoso. Raramente ho passato momenti peggiori, tanto che quando loro, alle sei in punto, comparvero tutti insieme, io, subito, ne fui contento come se fossero arrivati i miei liberatori, e per poco non dimenticai che avrei dovuto fare l’offeso.

Zverkov andava davanti a tutti, si vedeva che era il capo. Sia lui che gli altri ridevano. Ma, vedendomi, Zverkov prese un’aria di importanza, si avvicinò senza fretta, ancheggiando appena, come se civettasse, e mi diede la mano con gentilezza, ma non tanta, come se facesse attenzione, come una specie di gentilezza da generale, come se volesse proteggere sé stesso da qualcosa. Io mi ero immaginato, viceversa, che lui, appena arrivato, avrebbe riso del suo stesso riso di prima, sottile e stridulo, e che fin dalle prime parole avrebbe tirato fuori i suoi banali scherzi e le sue spiritosaggini. A loro ero preparato, fin dalla sera prima, ma non mi aspettavo affatto questa alterigia, queste carezze da sua eccellenza. Voleva dire che si considerava già indiscutibilmente e incommensurabilmente al di sopra di me in tutti i sensi? Se, con la sua generalaggine, voleva solo offendermi, allora va bene, pensavo; ci posso sputare sopra. Ma se, effettivamente, senza nessun desiderio di offendere, nella sua testa da caprone si fosse installata veramente l’idea di essere incommensurabilmente migliore di me e di potermi guardare soltanto come un protettore guarda il suo protetto? Mi sentivo soffocare solo a pensare una cosa del genere.

“Ha saputo con stupove del suo desidevio di esseve con noi” cominciò a dire con l’erre moscia e strascicando le parole, cose che prima non faceva. “Non ci vediamo da un po’, con lei. Si tiene lontano. Fa male.Non siamo poi così ovvibili come le sembva.



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